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Ricostruzione di cittadinanza (“iure sanguinis”)

La cittadinanza italiana si basa sul principio dello ius sanguinis (diritto di sangue), per il quale il figlio nato da padre italiano o da madre italiana è italiano; tuttavia è da tener presente che la madre cittadina trasmette la cittadinanza ai figli nati solo a partire dal 1º gennaio 1948, data dell’entrata in vigore della Costituzione.

Attualmente, la cittadinanza italiana è regolata dalla legge n. 91 del 5.2.1992 che, a differenza della legge precedente, rivaluta il peso della volontà individuale nell’acquisto e nella perdita della cittadinanza e riconosce il diritto ad avere più cittadinanze, fatte salve le diverse disposizioni previste da accordi internazionali.

Per quanto riguarda la ricostruzione di cittadinanze che prevedono la naturalizzazione di un familiare prima dell’entrata in vigore della legge n. 91 del 5.12.1992, le nuove linee interpretative in materia di cittadinanza iure sanguinis dettate da recenti pronunce giurisprudenziali della Corte Suprema di Cassazione, (Cass.civ.Sez.I, ord., n.454/2024 e n.17161/2023) chiariscono che, se il genitore si è volontariamente naturalizzato straniero, anche il figlio minore bipolide (cittadino italiano iure sanguinis e cittadino italiano iure soli) con questi convivente, ha perso la cittadinanza italiana. Conseguentemente, laddove tale figlio non abbia riacquistato la cittadinanza italiana una volta divenuto maggiorenne, la linea di trasmissione è da considerarsi interrotta.

Ricordiamo comunque che ogni caso deve essere esaminato con tutta la documentazione necessaria. In materia di cittadinanza, fanno fede unicamente le leggi e l’interpretazione che ne danno i giudici. Le indicazioni e gli esempi qui contenuti non possono pertanto essere invocati per fondare il godimento di diritti.